Il Tribunale di Bari in data 24/07/2020 ha riconosciuto la protezione umanitaria ad un cittadino del Bangladesh tenendo in considerazione la condizione dello stato epidemico da Covid-19 nel Paese. Secondo il Tribunale: “In ordine alla prospettata vulnerabilità per lo stato di emergenza sanitaria in atto, che nel Paese di provenienza del richiedente l’epidemia si sta notevolmente diffondendo, mentre il sistema sanitario non è strutturato in modo da poterla fronteggiare adeguatamente. Dalle fonti internazionali emerge che il Bangladesh è collocato al 16° posto nella statistica mondiale rilevata dall’Ufficio delle Nazioni Unite, con 366.383 casi di contagio in corso e con 1.396 nuovi casi. Risulta, altresì, che gli ospedali di tutto il Paese hanno solo 733 posti letto in terapia intensiva e meno di 1.800 ventilatori, sicché pochissimi positivi potrebbero accedere alle strutture di assistenza. I medici non hanno le risorse necessarie per curare i pazienti e per proteggersi. Gli ospedali sono pieni e, a quanto si dice, anche i medici malati vengono allontanati. Né gli operatori sanitari hanno sufficienti dispositivi di protezione personale per fornire assistenza medica in modo sicuro. Le aree remote del paese sono diventate una zona di pericolo per il COVID-19 in quanto prive di sufficienti strutture per i test. La scarsità di centri per i test per migliaia di persone a livello di divisione è significativa, così come sono lunghi i tempi di attesa.
In conclusione, alla luce delle informative, tenuto conto del confronto tra le condizioni del sistema sanitario bengalese e di quello italiano, è necessario tutelare il diritto alla salute del richiedente e, per l’effetto, assicurare la possibilità, ove occorra, di accedere a terapie urgenti ed essenziali”.
Allo stesso modo, il Tribunale di Napoli, in data 25/05/2020 ha riconosciuto, a seguito dell’emergenza epidemiologica, la protezione internazionale ad un cittadino pakistano. Stabilendo che: “ alla luce dell’estensione dell’epidemia di coronavirus… e delle gravi carenze del servizio sanitario pubblico… ritiene il Collegio che la domanda di protezione umanitaria possa essere accolta, poiché il rientro in patria in questo momento porrebbe il ricorrente in condizione di estrema vulnerabilità… sicché il bilanciamento di interessi da compiersi in adesione alla nota pronunzia della S.C. n. 4455/19, sicuramente deve ritenersi prevalente la tutela del diritto fondamentale del ricorrente alla salute, che , in caso di rimpatrio verrebbe gravemente compromesso”.
In tal senso si è pronunciato anche il Tribunale di Milano, che in data 28/10/20 ha riconosciuto ad un altro richiedente asilo del Pakistan la protezione umanitaria, in relazione al rischio di lesione del diritto alla salute derivante dall’attuale pandemia da COVID-19. In questo caso il Collegio ha operato un’ampia ricostruzione, anche giurisprudenziale, dei principi in materia di protezione umanitaria, analizzando il concetto di «vulnerabilità», ribadendo la necessità di effettuare una comparazione attenuata qualora emerga una situazione di particolare o eccezionale vulnerabilità. Nell’effettuare detta comparazione, il Tribunale premette che devono essere tenuti in considerazione tutti gli elementi importanti, ivi compreso il cosiddetto “fatto notorio”, quale è nel caso di specie la pandemia da Covid-19. Al termine di tale ragionamento il Tribunale esaminando sia la situazione pandemica nel suo complesso che il sistema sanitario (assai precario e privatizzato), conclude che vi è effettivamente un rischio di lesione del diritto del ricorrente di godere, in caso di rimpatrio, dei diritti minimi della persona.
Nello stesso senso si è pronunciato sempre Tribunale di Milano in data 21.10.2020 L’organo giudicante ha, innanzitutto, ritenuto sproporzionati i due contesti di vita (quello italiano e quello relativo al paese di origine del richiedente, la Costa d’Avorio) stabilendo che lo stesso era meritevole di ottenere protezione internazionale poiché vi erano, nel Paese di origine, evidenti lacune relative “…in particolare al godimento del diritto alla salute, considerato altresì che i già esistenti profili di vulnerabilità del richiedente da un lato verrebbero accentuati dal rimpatrio e, dell’altro, non farebbero che esacerbarne le conseguenze in un contesto … già fortemente minato dalla pandemia in corso… ”.